Il cri-cri non è un cioccolatino e non è una caramella. È invece un cuore di nocciola avvolto nel cioccolato fondente e ripassato in minuscole sfere bianche di zucchero, ovvero mompariglia. È una pralina fin da quando nell’Ottocento furono inventate le praline. E ancora oggi è tipico del Piemonte.
La storia dei cri-cri:
I Cri Cri portano con loro una storia di amori ed errori, tra realtà e leggenda. C’era una volta Cristina, narra la leggenda, una ragazza che a fine Ottocento a Torino lavorava cucendo vestiti preziosi per le signore da bene. Il suo fidanzato, innamoratissimo, la chiamava teneramente “Cri” e ad ogni appuntamento era solito presentarsi con questi dolcetti, venduti proprio all’epoca nelle pasticcerie torinesi. Storia vuole che la commessa della pasticceria frequentata dal ragazzo avesse visto nascere la storia d’amore tra i due giovani e con essa la dolce abitudine dello studente innamorato.
Così, ogni volta che lo vedeva entrare con il sorriso chiedeva: “Cri?”, il ragazzo annuiva e rispondeva: “Cri!”. Vedendo ripetersi questa scena appuntamento dopo appuntamento, il proprietario del negozio decise di cogliere l’occasione al volo e di dedicare queste praline ai due ragazzi, chiamandole appunto Cri-Cri in onore dell’amore e della sincerità giovanile.
La produzione dei cricri:
I mastri cioccolatieri torinesi sono stati tra i primi in Europa a lavorare il cacao e secondo parte degli storici sono stati i primi a scoprire l’arte della pralineria. Anche questo aspetto è vestito di leggenda: la pralina sarebbe nata dall’errore di un garzone che volle mascherare una mandorla mal caramellata coprendola con il fondente.
I cri-cri in particolare sono stati prodotti per la prima volta a Torre Pellice da un confettiere di Pinerolo nel 1886. Da allora la ricetta non è cambiata se non per il colore della mompariglia, diventata bianca e non più coloratissima a causa delle massicce campagne contro l’uso dei coloranti dagli anni Settanta. Per qualche tempo in anni recenti la produzione è molto rallentata, di cri-cri in giro non se ne trovavano. Poi i cioccolatieri locali hanno ripreso la tradizione, e tutta la sua storia, riportando in auge la pralina dolce di nome e di fatto.
Territorio:
Il Piemonte durante la Belle Epoque prosperava economicamente: il cinema, la moda, il teatro, la letteratura… la Fiat. Benessere e lavoro hanno portato anche allo sviluppo dell’arte dolciaria, come quella della zona di Pinerolo-Torre Pellice, dalla quale proveniva il garzone inventore dei cioccolatini cri-cri. Guido Gozzano narrava delle ragazze che davanti ad aromi e confetti, paste e creme, ritornavano “golose”, quindi bambine. Guanti, salotti, liberty. E molto prestigio e benessere per i cioccolatieri piemontesi, che esportavano in Francia, Germania e addirittura in Svizzera i loro prodotti accumulando tante ricchezze da far invidia al Carlo Felice di Savoia già a fine Settecento.
Fu lui a inventare il modo di dire “Non voglio fare la figura del cioccolataio”, riferendosi a un pasticcere che aveva osato presentarsi con una carrozza più lussuosa della sua. Dopo più di un secolo nei piemontesi il cri-cri è in grado di portare ancora il sorriso, molto più di quanto non riesca a fare il più serioso dei cioccolatini piemontesi, il gianduiotto.
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